venerdì 4 gennaio 2019

Pan e Vin, tradizioni di dei Veci





Come si riconosce il Pan e Vin? Dall'odore di Vin Brulè, dai canti dei "veci" e dalla "fumera" che gira nell'aria. Altro che smog di Milano.

Ma cos'è il Pan e Vin? Semplicemente una delle più belle tradizioni della mia zona, non tanto in quanto tradizione quanto in unione delle persone, giovani e anziani, che attorno ad un grande falò raccontano storie (essendo veneti con qualche imprecazione in mezzo per dare più significato) sulle storie passate, sui loro avi e soprattutto sull'anno che verrà.
Perchè il Pan e Vin è questo, un bicchiere di passito e un occhio al futuro, il vento in base a dove manderà il fumo ci dirà se : " Se e faive, va al garbin, prepara al caro pa'ndar al muin (quindi carestia), se e faive e va a matina, ciol su al sac e va a farina".
Ma in ogni caso, crederci o no, sicuramente la sera del 5 gennaio è una sera di festa e canti.
Ovviamente il tutto condito con spettacoli pirotecnici e botti per inaugurare il nuovo anno di semina e raccolta, come buon auspicio ma soprattutto grazie alla voglia di festa che sono noi veneti sappiamo dare.

Ma cos'è materialmente?
Altro non è se non una catasta di legne, date alle fiamme. Sulla cima la famosa "vecia" la fa da parona. Nell'aria profumo di vino cotto con le spezie e pinza, tipico dolce/pane del periodo, fatto con zucca, uvetta e frutta secca varia. Ricetta che cambia molto di casa in casa e soprattutto di bocca in bocca dato che a casa mia ad esempio, non essendo amanti di uvetta o simile alla fine altro non è che un pane dolce, da inzuppare nel latte caldo.
Sulla cima di questo panino, enorme, ricordo bene la croce, teoricamente per aiutare la lievitazione ma nel nostro caso, come benedizione per il nostro anno. Per quanto la festa sia pagana, la vena religiosa delle nonne ligie e pie alla chiesa non poteva mancare.

Cito Wikipedia che sicuramente ne sa più di me:

"Sembra che questa usanza derivi da riti purificativi e propiziatori diffusi in epoca pre-cristiana. I Celti, per esempio, accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato. Mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali.
Rimasta intatta come rituale da svolgersi nella vigilia dell'Epifania, ancor oggi la fiamma simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio (non a caso si può bruciare la "vecchia" posta sopra la pira di legna).
Il rogo è talvolta benedetto dal parroco e lo scoppiettare dell'acqua santa nel fuoco viene identificato con il demonio infuriato che fuggiva.
La direzione del fumo e delle faville (talvolta alzate di proposito dai contadini usando una forca) viene letta come presagio per il futuro."


Posta un commento